Di clima, di cibo e di donne. I passi per arrivare al futuro. Intervista a Claudia Laricchia

di Valentina Cianci & Claudia Laricchia

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Claudia Laricchia è Head of Institutional Relations at Future Food Institute, Al Gore’s Climate Reality Project Leader, Chairman of Environment and Innovation Committee at FIDU e TEDx speaker.

Quando abbiamo immaginato di parlare per la prima volta di temi come il clima, il cibo, il futuro del mondo, Claudia Laricchia è stato il nostro primo pensiero e la prima persona che abbiamo voluto intervistare ed ascoltare.

Non solo perché è un’appassionata e riconosciuta esperta di queste tematiche - il punto di vista di Claudia esprime grande competenza analitica e consapevolezza su quali siano le azioni di cambiamento e le modalità concrete per migliorare il mondo - ma soprattutto perché la forza e l’impegno che Claudia mette nel fare quello che fa… sono sempre forza ed impegno collettivi.

Claudia si muove, compie gesti bellissimi, piccoli o grandi e la sua community si muove con lei. Il suo carisma diventa il carisma di tutti. La voglia di cambiamento si espande attraverso le persone che la seguono e le vogliono bene.

E questa capacità di moltiplicare l’impegno, il potenziale di innovazione, di ispirare il cambiamento e farsene portatrice e promotrice per chiunque voglia contribuire, anche con piccole azioni, come sostenere il suo crowdfunding per diventare Climate Leader, è davvero la chiave per fare grandi passi, come persone e come collettività.

Claudia, grazie per essere con noi e per averci concesso questa intervista. Tu sei Head of Institutional Relations and Global Strategic Partnerships per Future Food Institute, sei promotrice di grandi iniziative e tematiche, come la Federazione Italiana Diritti Umani, sei impegnata sul clima come Climate Leader, sull’innovazione, sulla leadership al femminile e, non a caso, di recente sei stata insignita a Matera del premio "Donne che ce l'hanno fatta”, per il quale ti facciamo le nostre congratulazioni…

Come riesci ad esprimere questa energia e questo entusiasmo, qual è il tuo mantra o da cosa prendi questa forte motivazione?

Dalla certezza di dover morire. So che è un taboo parlare di morte e che, per la paura di affrontare i grandi misteri della vita, non si fa.

 Invece per me è una ragione importantissima per guardare al tempo come la cosa più rara e preziosa che ho. Come tutte le cose finite. Come le risorse del Pianeta, per restare nel mio tema.

Quando spreco tempo, provo un disagio enorme.

Per questo lo riempio solo di progetti e persone che amo. Per questo sono considerata una persona troppo diretta e snob da parte delle persone per me tossiche, che infatti cancello senza troppi giri di parole. Quando penso sia ben speso? Quando si dona per e/o con amore. Dare è avere!

Cosa è il Future Food Institute, in cosa consiste il tuo lavoro quotidiano come Head of Institutional Relations and Global Strategic Partnerships.

Future Food è un ecosistema internazionale che coltiva la cultura al futuro del cibo, occupandosi anche delle sue implicazioni sulla salute dell'uomo e del Pianeta. Il mio lavoro quotidiano?

Oggi ho lavorato con i colleghi in Giappone nascosta sotto il piumone del letto degli amici materani da cui ero ospite, perché in Italia erano le 5.30 del mattino e dormivano tutti.

Nel tardo pomeriggio, invece, ho sentito la nostra sede in California e i colleghi appena svegli, mentre io ero pronta per l'aperitivo.

Il mio lavoro quotidiano è fatto anche di questo. Relazioni fatte di relatività.

Mi occupo di incrociare le politiche governative dei nostri Paesi target, con gli ultimi trend del mercato in fatto di innovazione legata al cibo, in modo da individuare i programmi di formazione, innovazione e community migliori per le nostre controparti, pubbliche o private, che insistono su quei Paesi e capaci di generare il maggior e miglior impatto.

Tutto questo non lo faccio ovviamente da sola, ma seguendo la guida della fondatrice Sara Roversi ed in collaborazione con un team molto qualificato.

Quello che ho fatto per esempio durante la Food Innovation Global Mission è scritto sul mio blog https://medium.com/@claudialaricchia/perché-il-food-tech-è-una-questione-politica-globale-72f9566ebc31

In generale come immagini il futuro, è un concetto in cui sei proiettata in tutto quello che fai, hai un’idea o una suggestione su quello che ci aspetta?

Intanto per immaginare il futuro, come mi chiedi, bisogna smetterla di pensare linearmente, e cominciare a farlo in modo olistico.

La complessità della realtà dipende da fattori così molteplici da renderne pressoché impossibile una previsione. Avresti mai pensato che nel 2019 ci saremmo ancora prevalentemente spostati seduti su una tecnologia inventata alla fine del 1800? E allo stesso tempo che saremmo arrivati su Marte? E che saremmo stati iperconnessi, avendo in mano già la tecnologia necessaria a vivere in un mondo equo, sostenibile e senza quei paradossi dolorosi che lo rendono così ingiusto? E avresti mai pensato che avremmo usato parte di quella tecnologia, ormai accessibile, per condividere gattini o addirittura i titoli di Libero, su schermi che ci alienano e isolano?

Quello che posso dire è che mi auguro un presente responsabile per un futuro possibile. L'Intergovernamental Panel on Climate Change dice che abbiamo circa 12 anni per mantenere la temperatura del Pianeta al di sotto di 1 grado e mezzo.

Se non ci sbrighiamo, quindi, ad agire per smetterla di inquinare il Pianeta, non ci sarà un futuro da immaginare o sarà imprevedibile, in un modo poco divertente.

 

Come dovrebbe vivere ognuno di noi per avere un impatto più positivo?

Sostituendo l'indolenza con azioni positive. Quest'estate passeggiavo sul Lungomare di Bari Palese e assistevo con orrore non tanto alla convivialità di portare interi bracieri sulla riva, per banchettare ininterrottamente, quanto all'inciviltà di alcuni di lasciare tutto lì. Bottiglie, bicchieri, sigarette.

 Tutto.

Io non lo so come dovrebbe vivere ognuno di noi per avere un impatto più positivo.So che il giorno dopo sono tornata con quattro buste enormi di immondizia e i guanti di lattice, e ho cominciato a raccogliere tutto quello che potevo.

E ancora, We Hate Pink nasce dalla mente di due donne di Foggia, la città dove la raccolta differenziata è una pratica più misteriosa del funzionamento del reddito di cittadinanza in Italia.

La città dove si festeggia il Natale anche con l'atteso rituale della dispersione di 5.000 palloncini biodegradabili nell'ambiente, come se il biodegradabile si potesse gettare così. Davvero non so come dovrebbe vivere ognuno di noi per avere un impatto più positivo, ma so come vivo io.

In questo caso, ho proposto pubblicamente al Sindaco di Foggia di sostituire quel gesto anacronistico e diseducativo, con climate actions che coinvolgessero la Federazione Italiana Diritti Umani e le scuole e portassero Foggia al Festival dell'Ambiente.

Perché per me è proprio dove si è più indietro rispetto all'urgenza di mettere in campo comportamenti "green" (e civili!), che c'è bisogno di un lavoro culturale, che passi anche attraverso gesti simbolici.

Per me assistere al degrado culturale, spirituale ed ambientale, senza tentare almeno di invertire la rotta  è uno spreco di tempo. E, come ti ho detto, io odio sprecare tempo.

 

Parliamo di viaggi, sei una viaggiatrice, per lavoro, ma anche per piacere… cosa ti piace del mondo, come lo affronti? Sei una viaggiatrice che si immerge nella vita del luogo, cosa porti a casa? Qual è stato il tuo viaggio più bello e cosa hai portato a casa?

Il viaggio è scoperta, stupore, conoscenza. Lo è di se stessi in primis. Delle proprie reazioni alle novità, ai contrattempi, all'arte degli incontri inattesi e della fiducia forzata negli sconosciuti (per citare il concetto di brutalità associato al viaggio, di Pavese). Quello che preferisco, però, non è portare qualcosa a casa.

 È lasciare qualcosa lì.

Lasciare il pregiudizio, per esempio, o anche la paura. E io di paure e fobie ne ho tantissime. Solo che ho imparato a portarle a spasso nel loro vestito migliore. Ti direi che il mio viaggio più bello è il prossimo.

E invece ti dico la verità. Il mio viaggio più bello è stato in Sicilia. Estate 2009: 3 settimane on the road, in ottima compagnia.

 

Che opinione hai sul tema della leadership al femminile? Ritieni che siamo sulla strada giusta, che l’argomento sia opportunamente approfondito e affrontato o no?

È un tema che mi sta molto a cuore. Non è ancora un mondo per donne. E più in generale non è un mondo dove le opportunità siano pari. Un mondo inclusivo dove la "diversity" sia riconosciuta per il valore dirompente che è.

Gruppi omogenei, del resto, sono destinati a fare cose veramente poco interessanti, poco innovative e soprattutto molto poco d'impatto. Se pensando ai gruppi sociali che frequenti scopri che sono omogenei, fai qualcosa per portare la sacra diversità.

Altrimenti siete destinati a consolidare le vostre convinzioni e non saprete mai se erano invece sbagliate. Riunirvi sarà stato un enorme spreco di tempo (e io odio lo spreco di tempo!) perché i risultati dei vostri incontri li sapevamo anche prima che vi riuniste.

La leadership al femminile è meno frequente, per ragioni storiche, ma in crescita. Ti rispondo citando alcune buone prassi di leadership al femminile al quadrato (progetti per donne guidati da donne) che amo particolarmente in Italia.

Credo molto nel lavoro degli Stati Generali delle Donne. Un lavoro non solo di incredibile empowerment dal basso, ma anche politico, col Patto delle Donne. Ammiro Isa Maggi e la rete di donne che si incontra, propone e poi dispone. Ammiro anche Layla Pavone che ha fondato il primo acceleratore di startup con founder donna, Digital Magics.

Mi piace e sostengo il lavoro di Anna Gaudenzi di StartupItalia! con Unstoppable Women. Guardo con speranza a chi nelle multinazionali, nei fondi, nelle organizzazioni si prende cura delle pari opportunità. E naturalmente seguo con grande interesse il lavoro tuo e di Rossella per We Hate Pink, la passione, la tenacia e lo stile con cui comunicate quello che siete e che siamo.

 Al contrario, non mi piace chi si autoesclude o ghettizza in stereotipi anacronistici.

E soprattutto non mi piace chi distorce la grammatica, vittima innocente di un vezzo provocatorio, francamente non necessario.

 

Che consigli daresti ad una giovane donna?

Di smettere di fotografare il cibo e di non smettere mai di sentirsi quella giusta, nel posto giusto al momento giusto. Perché è proprio il suo!