Inquisizione genitale

di Serena Barbato

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C'è un problema che ogni persona T prima o poi si trova ad affrontare nei nuovi luoghi di lavoro, specialmente nel caso in cui venga assunta con i documenti ancora non rettificati, io la chiamo "l'inquisizione genitale".

Esiste una morbosa curiosità che spinge le persone che ci circondano, colleghi di lavoro in primis, ad informarsi sui nostri organi genitali, come se questo servisse a semplificare il loro dover catalogare gli individui tra le categoria colleghe\colleghi , uomini\donne, come se fossero poi i nostri genitali a definire il nostro genere.

La mia esperienza sul campo

Come ogni altro articolo ovviamente parlo per esperienza personale, ma dalle varie testimonianze che ho rintracciato, la prassi sembra diffusa.

Circa un mese fa, grazie alla mia potentissima laurea, sono riuscita a strappare un contratto di un mese come operatrice ecologica. Inizialmente l'azienda era un po’ in crisi sugli spogliatoi da farmi utilizzare. Quasi luoghi "sacri", gli spogliatoi delle donne, in poche telefonate sono passati per me da:

1. Inesistenti
2. Inagibili
3. Pieni
4. Disponibili

Inizialmente ovviamente, mi avevano proposto di usare quelli degli uomini, o di cambiarmi a casa, ma una volta capito di aver sparato un'enorme cavolata, il dietro front è stato repentino.

I primi giorni tutto è filato liscio. Nonostante non ne sia totalmente convinta, ma grazie al mio passing, mi hanno considerata una donna cisgender, non ho mai nascosto di esser una donna Trans, ma ogni tanto fa piacere passare sotto traccia.

Tutti erano carini e gentili, anche troppo e come in ogni luogo di lavoro machista non mancavano le solite odiose ed evitabilissime battute a doppio senso. Anche tra le donne era tutto rose e fiori. Alcune vedendo il mio esitare ad usare le docce aziendali, sono sempre stata titubante a mostrare il mio corpo, arrivando a negarlo anche alla mia vista, mi elecavano i vantaggi rispetto al fare la doccia a casa.

Tutto questo finché lo spauracchio del mio nome anagrafico è uscito allo scoperto, lanciando tra i colleghi un dubbio amletico. Come mai la nuova collega si era presentata col nome di Serena ma sui documenti ha un nome maschile? 

Ovviamente la società per cui lavoravo, ed a cui avevo tranquillamente parlato del mio percorso di transizione, aveva scelto per "quieto vivere", di raccontare solo alle donne il mio percorso, ma aggiungendo di spontanea volontà  una tappa non ancora raggiunta, e di cui non sono ancora sicura, quell'ipotetica operazione che aveva fatto di me una donna "vera".

Di conseguenza parlando del tutto tranquillamente di quella piccola operazione, ma collocandola nel futuro, tra le donne si è generato un sentimento di "tradimento”. Le docce si sono aperte come le acque del Nilo, come se fosse passato Mose’. 

Alcune dalla mentalità " apertissima", una volta concessomi di poter continuare ad usare le docce, si sono subito difese, chiedendomi semplicemente di non mostrare nulla, come se normalmente fossi interessata a mostrare i genitali, qualunque essi fossero, a persone sconosciute.


L’approccio maschile

Per quanto riguarda gli uomini, le cose stranamente sono andate un po’ diversamente. Continuavano le battute ma con un piglio decisamente più "libertino", come se al sentire la parola trans, gli uomini fossero sentiti stranamente più liberi a dar sfogo ai loro istinti più bassi.

I passaggi di solito sono questi e possono variare cronologicamente, e nei posti di lavoro la prassi non cambia:

1.   Le lusinghe: Spesso iniziano con frasi tipo “sei molto carina, non sembri UN trans” “ ah ma non sembri un uomo”, “ a ma voi avete una marcia in più, siete più aperte”

2.   Ribadire la propria eterosessualità: “Comunque sono etero, anche se venissi con te mi piacciono le donne, solo che mio cugggino mi ha detto che voi a letto siete diverse”

3.   La negazione del pensiero omotransfobico: Di solito fanno parte di questa fase tutti quelli che pubblicamente fanno parte di partiti politici omotransfobici e che ovviamente si affrettano a ribadire la loro estraneità su quel punto, rispetto al partito politico in questione, con frasi tipo ‘ io sono sempre stat* apert* a nuove esperienze” “ per me ognuno può essere libero a casa sua di fare quello che vuole”

4.   I passivi curiosi: “Ah ma quindi hai un pene, perché sai ogni tanto sento che mi piacerebbe provare, comunque so etero eh, so pure sposato, ma non posso raccontare queste cose a mia moglie”

Sembrano situazioni distaccate o comunque non attribuibili ad un contesto lavorativo, ma in realtà, sfortunatamente si fondono, si intrecciano più di quanto sospettiamo o immaginiamo.

Per le persone in transizione, la sfera privata viene trascinata a forza in ogni aspetto della vita, lavorativa compresa, con o senza la supervisione dell'interessat* . Un invasione che spesso non ha limiti né pudore, né freni inibitori, soprattutto dagli uomini, che si sentono spesso liberi e liberati dai propri freni del buon rispetto sociale, che sfocia in un comportamento volgare e irrispettoso, specie verso le donne T.

Le donne non sono escluse da questo modello comportamentale, ma a differenza della componente maschile, che sviluppa questo genere di comportamenti su base sessuale, tende a vedere le donne trans come delle donne di serie B o "non donne". (Definito come modello terf inconsapevolmente interiorizzato). 


Insomma in un periodo storico, dove la crisi del sistema capitalistico spinge enormi masse di lavoratori alla ricerca di un impiego, tra mille difficoltà e rinunce, spesso le donne T devono anche affrontare situazioni lavorative al limite dell'assurdo, tra lo stress della precarietà ( che accomuna tutt*) e l'occhio indiscreto di un mondo che spesso, con fare superficiale, entra prepotentemente  nella nostra sfera più intima. 


Di questo ne ho parla anche in un articolo presente sul mio blog, di cui citerò alcuni versi)

"Diciamoci la verità, ricever complimenti fa sempre piacere, specie se educati e rispettosi. Fanno aumentare l'autostima e migliorano l'umore, specie nel mio caso che so più abituata agli sguardi divertiti o smarriti delle persone. Ci so però degli atteggiamenti, delle frasi che partono con l'intenzione di far colpo e raggiungere un “obiettivo” ignorando la sensibilità ed il rispetto per l'altra persona.  Per l'amore del cielo, questo è un problema che affligge tutte le donne, t o cis, ma fidatevi quando vi dico che nel momento in cui, un uomo si accorge di aver a che fare con una persona t cancella totalmente ogni dose di pudore o rispetto"

https://linsostenibilepesantezzadellessere40327414.wordpress.com/2018/08/11/da-birichina-a-fr-in-pochi-click/

"Arriva però quasi sempre un momento in cui il clima smette di esse rispettoso, in cui si raggiunge, il cosiddetto punto di non ritorno. Il punto in questione viene superato, quando scoprono che sono una ragazza t. Quel segnale diventa un via libera, un input per lasciarsi andare alle più sfrenate fantasie, senza quel limite dettato dal pudore o dal rispetto verso l'altra persona. Il tutto ovviamente è anticipato dalla classica frase “sono etero, pero voi trans e bisessuali avete una marcia in più, siete sbarazzine (per sbarazzine ovviamente intendono disperate di concedersi a qualsiasi caso umano)".

https://linsostenibilepesantezzadellessere40327414.wordpress.com/2018/08/11/da-birichina-a-fr-in-pochi-click/

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Serena Barbato è nata a Napoli, è un’attivista politica, laureata nel marzo del 2018 in Scienze del Servizio Sociale, con una tesi sul revisionismo storico e meridionalismo. Da circa otto mesi ha creato un blog “L’insostenibile pesantezza dell’essere” in cui parla delle gioie e dei problemi della transizione, cercando di fotografare la realtà che circonda il mondo delle donne mtf. I problemi nel mondo del lavoro, la violenza psicologica e verbale che quotidianamente attraversano le donne T e le difficoltà di un percorso interiore ricco si di gioia ma anche di grandi difficoltà.